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venerdì 5 ottobre 2012

L'intervento del sen. Caforio (IdV) in Aula sul caso ILVA

Riceviamo e pubblichiamo l'intervento del sen. Giuseppe Caforio (Italia del Valori) sul caso Ilva di Taranto, tenuto in occasione della discussione in Aula del decreto legge 129 (risanamento ambientale territorio di Taranto):

"02/10/2012
Discussione Generale ddl. 3290
Onorevole Presidente, Colleghi,
vorrei innanzitutto aprire il mio intervento esortandovi a riflettere sul contenuto, sui modi e sui tempi di questo decreto, dunque sulle effettive capacità di quest'ultimo di risolvere la drammatica situazione ambientale - e non solo - che affligge la città di Taranto.
Il decreto in oggetto interviene, infatti, in notevole ritardo - direi... a disastro ormai quasi irreversibile -, con medicine palliative e non curative, ovvero con misure che nemmeno in una situazione di ordinario inquinamento sarebbero state sufficienti a compiere quella necessaria opera di risanamento.
Il decreto in oggetto, impropriamente definito "decreto Ilva", rimanda al Protocollo d'Intesa firmato il 26 luglio scorso tra i Ministeri dell'Ambiente, delle infrastrutture, dello sviluppo economico e della coesione territoriale, la Regione Puglia, la Provincia e il Comune di Taranto, nonché il  Commissario straordinario del porto di Taranto e si occupa soltanto in minima parte della delicata questione dell'Ilva, avendo incentrato la propria attenzione, soprattutto, nell'opera di bonifica del  Sito di Interesse nazionale di Taranto.
Tale decreto, dunque, in questo delicatissimo momento, non affronta, come invece avrebbe dovuto fare, la spinosa questione del polo industriale Tarantino.
Dall'ultima volta che questo emiciclo ha discusso, in presenza del Ministro Clini, dell'Ilva, nulla o poco è cambiato. Il vergognoso braccio di ferro tra Governo e gruppo Riva da una parte e Magistratura dall'altra, sta proseguendo, arrivando a delle degenerazioni che fanno tremare le ginocchia e accapponare la pelle.
Caro Ministro Clini, mi rivolgo a lei, seppur in sua assenza, anzi.. a tal proposito ci avrebbe stupito il contrario visto che lei da sempre, anche quando era un super burocrate al Ministero dell'ambiente, ha cercato di fuggire e nascondere sotto il tappeto la questione Ilva.... Ministro, lei ha ragione quando afferma che la politica industriale del Paese non deve essere decisa dal magistrati. Le diamo ragione perché di ambiente e lavoro dovrebbe occuparsene chi ha la responsabilità di gestire la cosa pubblica, chi, per volontà dei cittadini o per mandato presidenziale, è chiamato a gestire il sistema paese. Ma purtroppo, caro Ministro, in Italia questo non avviene. Nel nostro Paese, l'esecutivo troppo spesso è sceso e scende tutt'ora a compromessi, assumendo decisioni in favore di pochi e a scapito di molti, tutelando interessi di alcuni a scapito di quelli generali.
Vede Ministro.... se l'attuale governo e quelli precedenti avessero controllato e quindi imposto alla famiglia Riva l'adeguamento degli impianti e il rispetto delle norme esistenti, forse, oggi, i lavoratori tarantini non avrebbero dovuto scegliere tra salute e lavoro e la magistratura non sarebbe intervenuta con una decisione, lo riconosciamo anche noi, che rischia di mettere in ginocchio la politica industriale del nostro Paese. La legalità... e noi ne siamo sempre stati convinti.... è l'unica soluzione che esiste per garantire l'equilibrio tra il diritto alla salute e quello al lavoro, costituzionalmente riconosciuti.
Un governo tecnico, quale il vostro, si presumeva dovesse rimediare ai macroscopici errori del governo passato. Purtroppo questa speranza è stata ampiamente smentita dai fatti e non abbiamo potuto far altro che constatare una continuità nelle politiche e nei comportamenti attuali, rispetto a quelle precedenti. Il 4 luglio 2011, tre mesi prima dell'insediamento del governo Monti, una inchiesta, dal titolo: "Taranto, regno della diossina protetto dalla Prestigiacomo", evidenziava come, sebbene il Sig. Riva e altri 29 dirigenti fossero già stati rinviati a giudizio per la morte di quindici operai e la città di Taranto risultasse una delle più inquinate in tutta Europa, l'onorevole Prestigiacomo, allora a capo del Suo dicastero, avesse dato il via libera alla concessione dell'autorizzazione integrata ambientale per l'Ilva che garantiva altri 6 anni di produzione e certificava la conformità degli impianti alle norme ambientali.  Non solo; con tale accordo si è allora data l'autorizzazione alla famiglia Riva di aumentare del 15% la produzione, con il consequenziale aumento delle sostanze inquinanti prodotte ed emesse: benzene, anidride solforosa, e biossido d'azoto. Dunque quote di emissione raddoppiate rispetto a quelle consentite nel 2005. Non solo Ministro; alla data di approvazione dell'AIA di cui sopra, a Taranto erano state già abbattute oltre 2.275 pecore allevate in Masserie limitrofe allo stabilimento siderurgico e mandati al macero chili e chili di formaggi perché latte e carni risultavano essere sensibilmente inquinati dalla diossina.
Caro ministro la mia domanda è semplice: come ha inteso, dopo aver giurato davanti al Presidente della Repubblica, porre rimedio a quella Autorizzazione integrata ambientale che i fatti, si badi bene i fatti e non dei giudizi di parte, hanno dimostrato essere oltre che vergognosa, lesiva e pericolosa?
A noi non risulta, Ministro Clini, che lei abbia inteso andare a verificare con terzietà i dati relativi alle emissioni; non risulta che lei abbia inteso imporre un alt all'aumento di produzione concesso al gruppo Riva dall'allora ministro Prestigiacomo. Anzi, di fronte a dei dati e delle stime, anziché rispondere con pacatezza e istituzionale serietà, ha preferito ricorrere al più inflazionato e meno nobile strumento della querela. Non solo. Da quando la questione Ilva si è ripresentata sul suo tavolo con tutta la sua drammaticità e tossicità, le sue azioni non sono state caratterizzate dalla dovuta chiarezza e coerenza. Sono state prese e dette cose che hanno destato ambiguità. Basti pensare, infatti, come inizialmente Lei abbia ipotizzato di sollevare il conflitto di attribuzioni, per poi, questi ultimi giorni, volersi costituire come parte civile. Lei ha smentito (ansa 20 settembre 2012) l'esistenza di un rapporto causa - effetto tra le attività dell'Ilva e lo stato di salute della popolazione. 
Pensare oggi di concedere l' Autorizzazione integrata ambientale senza assicurarsi che l'azienda porti a termine quella necessaria conversione degli impianti, rispettando il criterio di eco compatibilità, significa continuare da una parte a concedere alla famiglia riva il diritto di inquinare e, dall'altra, di uccidere e allo stesso tempo di sprecare tutte quelle risorse che verranno destinate alla bonifica. A cosa serve bonificare se poi gli impianti produttivi rimangono quelli di sempre che hanno portato al verificarsi e al registrarsi di questi elevatissimi livelli di inquinamento? 
Il governo non può nascondere il disastro sociale ed economico sotto il tappeto, portando avanti una mera operazione di facciata, altrimenti sarà responsabile di una nuova ondata di veleni e, quindi, dell'inevitabile chiusura dello stabilimento. È necessario cambiare subito rotta, cominciando a rafforzare le leggi contro i reati ambientali costringendo le tante Ilva d'Italia a non mettere il profitto al di sopra di tutto. Quella di Taranto deve continuare ad essere una delle più grandi acciaierie d'Europa, una fonte di lavoro e sviluppo, non un mostro che distrugge l'ambiente e attenta alla salute dei cittadini. Non accetteremo mai il ricatto che è stato imposto ai lavoratori, chiudere l'azienda o lasciare che continui ad inquinare. Gli stabilimenti devono continuare a produrre ma in modo compatibile con le esigenze di tutela del territorio e degli stessi lavoratori, che hanno trovato nella magistratura e non nelle istituzioni i loro migliori alleati. Noi siamo al loro fianco, sosteniamo l'azione della Procura di Taranto e chiediamo al Governo di smetterla di fare il cameriere dei poteri forti. L'azienda ha foraggiato la politica per anni, ottenendo la libertà di avvelenare Taranto, e ora il Ministro Clini non può permettersi di rilasciarle un salvacondotto: la concessione dell'Aia deve essere legata a forti investimenti per eliminare i fattori di inquinamento contrari alle normative vigenti. Con la riconversione eco-compatibile degli stabilimenti, non soltanto sarà possibile produrre nel rispetto dell'ambiente e della salute, ma si potranno creare nuovi posti di lavoro.
Sen. Giuseppe Caforio".

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